

Intervento in utero 'Robin Hood' aiuta sopravvivenza gemelli
Al Gemelli un team per sindrome da trasfusione feto-fetale
Una squadra di specialisti al top per salvare i gemelli non ancora nati con sindrome da trasfusione feto-fetale grazie agli interventi cosiddetti 'Robin Hood'. Il policlinico Gemelli di Roma scende così in campo per specializzarsi nella terapia in utero della sindrome da trasfusione feto-fetale (o Ttts), patologia che riguarda ogni anno in Italia circa 300 gravidanze gemellari monocoriali (cioè due gemelli che condividono una sola placenta). Il team chirurgico è composto da Tullio Ghi, ordinario di ginecologia e ostetricia all'università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di ostetricia e patologia ostetrica di Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli IRCCS e dalle sue assistenti, Alessandra Familiari ed Elisa Bevilacqua. La chirurgia fetale nasce nei primi anni '80 come tentativo di porre rimedio in utero a rari quadri malformativi identificati con l'ecografia. "Sono interventi rari e con risultati clinici non sempre favorevoli - spiega Ghi -. Ma oggi il cuore della terapia fetale è sempre più la correzione della sindrome da trasfusione feto-fetale, per la quale è stato documentato uno straordinario miglioramento clinico: fino al 60% di sopravvivenza senza danni neurologici di entrambi i gemelli e fino all'80% di almeno un gemello". "La sindrome da trasfusione feto-fetale - afferma Bevilacqua - è una patologia dell'architettura vascolare della placenta. Se il sangue passa in modo bilanciato attraverso non ci sono problemi; ma se passa di più da un feto all'altro, si realizza la condizione di un feto 'donatore' (che svilupperà ipoperfusione degli organi vitali e poco liquido amniotico) e di un feto 'ricevente' (con cuore e circolazione sovraccarichi e tanto liquido amniotico). In queste condizioni, il rischio di mortalità in utero o di parto molto prematuro è molto elevato". L'intervento per trattare la Ttts (il cosiddetto intervento 'Robin Hood') è la laser-coagulazione fetoscopica delle anastomosi placentari. "Si tratta di una tecnica endoscopica - spiega Familiari - che consiste nell'entrare con una minuscola telecamera all'interno dell'utero; questo ci permette di individuare con precisione la posizione dei vasi 'colpevoli'. A quel punto viene inserita anche una fibra laser che servirà a 'coagulare' (cioè a bruciare) i vasi sanguigni che determinano lo scompenso di circolazione tra i due feti. Con questo intervento, separiamo le circolazioni dei due gemelli, andando di fatto a dividere in due una placenta unica e impedendo così un passaggio di sangue anomalo da un bambino all'altro".
E.Heinen--JdB